Quadro Normativo

– Art. 2086, comma 2 c.c.: la norma dal titolo “Gestione dell’impresa” al comma 2 prevede che:
l’imprenditore che opera in forma societaria e collettiva ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e dimensione dell’impresa anche in funzione:

  • della rilevazione tempestiva della crisi di impresa;
  • della perdita della continuità aziendale.

Nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
La norma evidenzia una stretta correlazione tra gli adeguati assetti e il controllo sulla rilevazione tempestiva della crisi e di perdita della continuità aziendale.
Si ricorda che per continuità aziendale, sulla base dell’OIC 11 si intende: “la capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro” (intendendosi un periodo di almeno 12 mesi dalla data di riferimento del bilancio).
È facile constatare, come le indicazioni previste dall’art. 2086 c.c. non forniscano elementi per individuare come si determini l’adeguatezza della struttura e in particolare come si possa prevedere tempestivamente la crisi.

A tale “mancanza” provvede in parte l’articolo 3 CCII.

– Art. 3 D.Lgs. n. 14/2019: la  norma,  dal  titolo  “Adeguatezza  delle  misure  e  degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi di impresa” al comma 3 dà indicazione di cosa devono consentire gli adeguati assetti al fine di prevedere l’emersione tempestiva della crisi, precisando come gli stessi devono permettere congiuntamente di:

  1. a) rilevare eventuali  squilibri  di  carattere  patrimoniale  o  economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  2. b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i 12 mesi successivi (nuovo orizzonte temporale introdotto in seguito alla modifica intervenuta sul Codice a cura del D.Lgs. n. 83/2022 e rilevare i segnali di cui al successivo comma quattro); -in precedenza l’arco temporale era individuato in 6 mesi nel testo originario ex art. 13 del D.Lgs. n. 14/2019);
  3. c) ricavare le informazioni   necessarie   a   utilizzare   la   lista   di   controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’art. 13, comma 2 CCII.

La lista di controllo e il test pratico sono contenuti nell’allegato al decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia del 28 settembre 2021.

Alla luce delle novità che hanno riguardato il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza a seguito del D.Lgs. n. 83/2022 che, tra l’altro, ha inserito l’art. 5 bis CCII e modificato gli artt. 13 e 17 CCII, il Ministero della Giustizia ha aggiornato, integrato e modificato, con decreto del 21 marzo 2023, il sopra richiamato decreto dirigenziale.

Il comma 4 dell’art. 3, precisa che costituiscono segnali di crisi:

  1. a) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  2. b) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  3. c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;
  4. d) l’esistenza di una o più esposizioni debitorie previste dall’art. 25 novies, comma 1 (debiti verso creditori pubblici qualificati).

Dall’esame dell’art. 3 commi 3 e 4 si rileva rispettivamente come gli adeguati assetti devono consentire di tempestivamente individuare segnali di crisi (individuando la congiunta ricorrenza dei 3 casi indicati) e quali siano segnali di crisi.
Analisi dell’art. 2086 c.c. in collegamento con le novita’ introdotte dagli artt. 3 e 375 CCII
L’art. 2086 c.c. dal titolo “Gestione dell’impresa” al primo comma individua nell’imprenditore il capo dell’impresa da cui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori.
Il secondo comma, come aggiunto dall’art. 375 CCII dal titolo “Assetti organizzativi dell’impresa”, statuisce il dovere dell’imprenditore che opera in forma societaria e collettiva  (senza  prevedere  limiti  quantitativi)  di  istituire  un  assetto  organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e dimensione dell’impresa (limiti teorici possono individuarsi nell’ultima parte del periodo anche se è difficile calarsi praticamente sulle diverse tipologie di impresa).
In particolare, tale dovere è strettamente collegato, attraverso la locuzione “anche in funzione”, ad altri conseguenti controlli circa:

  • la rilevazione tempestiva della crisi;
  • la perdita della continuità aziendale.

nonché di attivarsi senza indugio per l’attuazione di uno degli strumenti offerti dall’ordinamento per il superamento della crisi e per il recupero della continuità aziendale. A tale obbligo è legata la previsione di cui all’art. 120 bis CCII che affida alla competenza esclusiva degli amministratori le decisioni relative all’accesso a uno degli strumenti di gestione della crisi. Ricordo che tale esclusivo potere è collegato al dovere che gli amministratori hanno di istituire adeguati assetti.
La norma (art. 2086) evidenzia il collegamento tra gli adeguati assetti e il controllo tempestivo delle evidenze di crisi e della continuità aziendale.

L’art. 3, comma 3, del CCII fornisce indicazioni, anche se di carattere generale, circa il considerare o meno adeguati gli assetti se consentono:

  1. a) di rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  2. b) di verificare la sostenibilità dei debiti e la prospettiva di continuità per i 12 mesi successivi.

(nuovo orizzonte temporale in seguito alla modifica intervenuta nel CCII a cura del D.Lgs. n. 83/2022 – in precedenza l’arco temporale era di 6 mesi ex art. 13 D.Lgs. n. 14/2019) nonché di rilevare i segnali di allarme di cui al successivo comma 4;

  1. c) di ricavare le informazioni necessarie per utilizzare la lista di controllo particolareggiata per potere effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento. (art. 13, comma, 2 CCII).

Il successivo comma 4 precisa che costituiscono segnali di crisi:

  • l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  • l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  • l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti  ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni;
  • l’esistenza di una o più esposizioni debitorie previste dall’art. 25 novies, comma 1 [6]